La Prosciutteria nasce dall’amore incondizionato per il territorio del Matese.
Il locale è frutto del grande progetto di “rianimare” una antica e suggestiva abitazione che sorge nel cuore del piccolo centro abitato di Pietraroja. Affascinante raggiungerlo a piedi, ascoltando il silenzio che regna tra queste case, molte non più abitate, dove sono trascorsi secoli e secoli di storia, come ci raccontano le chiavi di volta di straordinari portali in pietra. Quella pietra a cui forse il paese deve anche il nome (pietra rosa, la caratteristica tonalità della pietra che si trova sul costone di sud-est del monte Palombaro).
La Prosciutteria è una favola, un’idea di vita ideale, una ricerca continua del buono, del genuino, del tipico. Un volersi avvicinare alla natura con rispetto così come facevano i nostri nonni. I loro saperi sono una ricchezza inestimabile che vogliamo a tutti i costi conservare, perché solo così possiamo ottenere delle vere eccellenze.
Il prosciutto di Pietraroja, comune della provincia di Benevento, è rinomato da secoli, tanto che in una collezione di stampe dell’archivio del Regno di Napoli il simbolo di questo piccolo paese del Beneventano era rappresentato da una donna in costume tipico con un prosciutto in mano. Vi sono, inoltre, testimonianze scritte che nel 1776 il Duca di Laurenzana di Piedimonte commissionava una fornitura di “prigiotta” da Pietraroja. Nel 1917 Antonio Iamalio, nella sua descrizione della provincia di Benevento Regina del Sannio, ci dice che “Fiorente vi è principalmente l’allevamento dei suini, donde i rinomati prosciutti di Pietraroja”.
Nell’annuario generale del Regno del 1933, descrivendo il centro di Pietraroja, essa era indicata come “località alpestre, di rigidissimo clima, alle falde del Monte Mutria”. E si aggiungeva “Si trova schisto e vene di spalto nel monte calcareo Civita vicinissimo all’abitato, con pezzi di ittiologia e conchiglie pietrificate e pesci. Si producono ottimi prosciutti che vengono esportati”.
Ed è proprio tra conchiglie pietrificate e pesci che nel 1980 Giovanni Todesco ritrovò il fossile del piccolo cucciolo di dinosauro (Scipionyx Samniticus) che, battezzato con il nome di Ciro, conquistò nel 1998 la copertina della rivista scientifica ‘Nature’, proiettando il nome di questa piccola località del Matese beneventano in tutto il mondo.
In quegli anni, anche per il prosciutto di Pietraroja si prospettava un grande futuro, considerando che Slow Food, che aveva inserito questa eccellenza sannita tra i prodotti dell’Arca del Gusto, dando vita al progetto dei Presìdi. Questi miravano al recupero e alla salvaguardia di piccole produzioni di eccellenza gastronomica minacciate dall’agricoltura industriale, dal degrado ambientale e dall’omologazione.
Una volta sospeso il Presìdio, data la mancanza di produttori, del prosciutto di Pietraroja si sono quasi del tutto perse le tracce diventando una leggenda.
Eppure, stiamo parlando di una vera e propria prelibatezza. Nel dizionario geografico ragionato del Regno di Napoli, dato alle stampe nel 1804, Lorenzo Giustiniani parlava del territorio di Pietraroja come luogo di produzione di «frumento, legumi, e specialmente lenticchie, e vino. I salumi vi riescono di squisito sapore, ed in particolare i prosciutti, che sono davvero decantati in questa nostra città di Napoli».
Gli antichi sistemi di lavorazione, il clima caratteristico e la finezza dell’aria di montagna, fanno di questo salume un prodotto unico dall’aroma delicato e inconfondibile. Il prosciutto si produce con carni di suini locali allevati allo stato semibrado che vengono macellati quando raggiungono un peso di circa 160 kg e ogni prosciutto pesa circa 10 kg.
Le cosce rifilate a mano vengono cosparse di sale a granatura prima fine e poi grossa con altre spezie e massaggiate con cura per 20 giorni. Dopodiché vengono schiacciate in una pressa in legno per permettere la fuoriuscita di tutte le sierosità prima di cominciare la stagionatura tra le mura in pietra appese a travi di legno. Anticamente i prosciutti venivano portati al piano più alto della casa dove vi era la cucina per ricevere il fumo dei camini che contribuiva alla stagionatura, alla conservazione ed a rendere caratteristico il sapore di questa prelibatezza. Infine per 24 e più mesi avviene tutto un gioco di correnti d’aria circolante tra le finestre delle cantine che contribuisce significativamente all’asciugatura e all’affinamento del prosciutto di Pietraroja.
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La Prosciutteria | Prosciutto di Pietraroja
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